Shaping Fashion: Balenciaga in mostra a Londra

18 febbraio 2018: segnatevi questa data, entro la quale prendere una decisione. O vi recate al Victoria and Albert Museum di Londra a visitare la bellissima mostra Balenciaga: Shaping Fashion (che terminerà proprio quel giorno) oppure leggete questo articolo. L’ideale, naturalmente, sarebbe riuscire a fare entrambe le cose. Ma, dato che non sempre è possibile, ecco una visita virtuale in 10 punti (da concedersi anche comodamente seduti a casa) che vi illustrerà uno degli eventi da non perdere nei prossimi mesi. Esprimete un desiderio… se, dopo aver letto l’articolo, sarà di poter assistere a una sfilata Balenciaga anni ’60, alla fine del post sarete “virtualmente” soddisfatti…

Locandina della mostra all'ingresso

1.   Perché Balenciaga?
Cristóbal Balenciaga è uno dei couturier più innovativi e influenti del XX secolo, in grado, con la sua idea dell’abito e della bellezza femminile, di influenzare e di plasmare il concetto di moda ancora fino ai giorni nostri. Per la qualità scultorea delle sue creazioni, l’abilità artigianale, la profonda conoscenza dei materiali e il sapiente e audace uso dei colori e delle trame lo stilista spagnolo era chiamato “Il Maestro” dai suoi contemporanei.

A sx, Balenciaga al lavoro nel suo atelier;
a dx, abito da sera e mantella in gazar di seta creati da Balenciaga nel 1961

‘L’alta moda è come un’orchestra e il direttore è Balenciaga. Noi altri couturier siamo i musicisti e seguiamo la direzione da lui indicata.’
Christian Dior


2.   “È il tessuto che decide”
Per “Il Maestro”, tutto partiva dalla scelta del tessuto, fulcro attorno al quale si costruiva il modello in un secondo tempo. Uomo del fare più che del disegnare, dava istruzioni a un artista per creare lo schizzo del modello, a cui applicava sempre uno scampolo di tessuto con annotato il nome del fornitore. Aperto alla sperimentazione e ai nuovi sviluppi della tecnica, usciva dal suo atelier al 10 di Avenue George V a Parigi (sua città d’elezione) e si spingeva persino all’estero per scovare materiali che potessero soddisfarlo, arrivando ad acquistare anche in Italia, Svizzera e Regno Unito. Nell’abito da sera qui sotto, il capo riesce a mantenere perfettamente la forma architettonica grazie alla rigidezza del tessuto, un gazar di seta, ampiamente utilizzato e sviluppato da Balenciaga negli anni ’60 proprio per la sua duttilità.

A sx, abito da sera in gazar di seta rosa (1965);
a dx, schizzo del medesimo abito con scampolo di tessuto

3.   L’ossessione per le maniche
La formazione sartoriale di Balenciaga lo portò ad essere estremamente esigente con se stesso e con i suoi collaboratori e fornitori, pretendendo sempre e comunque la perfezione. Le maniche rappresentavano la sua ossessione, convinto che fossero essenziali per la perfetta vestibilità di un capo. La manga! (‘la manica’) lo si sentiva urlare in spagnolo nel bel mezzo del suo atelier se le maniche non cadevano come desiderava, prima, naturalmente, di smontare e rifare completamente il capo. Per questo, i suoi celebri tailleur dal taglio perfetto divennero uno dei primi must have del guardaroba delle signore più alla moda dell’epoca.

Cappotto da sera in lana (1950)

4.   Abito al contrario
Tra gli abiti da sera esposti alla mostra, uno era letteralmente girato al contrario, per mostrare la perfezione dei dettagli (e vi assicuro che non ci si accorgeva quasi della differenza, come si può notare nella foto qui sotto).


Abito da sera in gabardine di seta e chiffon
di seta (1963) esposto al contrario

5.   Le cuciture: che orrore!
Alla mostra c’è spazio anche per un divertente gioco in cui cimentarsi, in loco o a casa: creare un modellino in carta del celebre cappotto Balenciaga a una sola cucitura, realizzato nel 1961 con un unico pezzo di stoffa. Il modello, dall’ingannevole semplicità, dimostra l’eccezionale maestria sartoriale del couturier, che utilizza una sola cucitura sotto le braccia e venti pieghe o pince per dare forma al capospalla. Come mostra la foto qui sotto, senza l’utilizzo di forbici ma solo piegando le linee tratteggiate è possibile ricreare questo capolavoro di sartoria e portarlo via con sé come souvenir.

Modellini in carta del cappotto con un'unica cucitura

6.   Manichini rotanti
Gli abiti di Balenciaga sono dei capolavori a tutto tondo: per mostrarne alcuni fronte e retro, quindi, sono stati utilizzati dei manichini rotanti, come quello che vedete in azione nel video qui sotto con un abito in taffetà di seta rosso.



7.   Un gioco di influenze
Balenciaga traeva spesso ispirazione da altre culture o epoche lontane, rielaborandole in versione couture: dai costumi tradizionali spagnoli ai sari indiani, dai kimono giapponesi ai paramenti liturgici. La mostra analizza, inoltre, il marchio Balenciaga oggi e l’influenza che “Il Maestro” ha avuto e ha tuttora sugli stilisti contemporanei, assai presente anche laddove meno ce lo aspetteremmo.

A sx, abito da sera a sari in broccato di seta (1965); a dx, mantella a mozzetta

8.   Forme che hanno fatto epoca
Balenciaga ha rivoluzionato la moda proponendo delle linee che sono poi sempre state associate al suo nome. Qualche esempio? L’abito a sacco, presentato per la prima volta alla fine degli anni ’50, che creò un vero e proprio shock tra gli addetti ai lavori, tanto che il Daily Mirror sentenziò “È difficile essere sexy con indosso un sacco!”. La sua linea totalmente dritta contrastava, infatti, con la dominante forma a clessidra, portata al successo da Christian Dior. La totale negazione del punto vita anticipò quello che sarebbe diventato un must negli anni ’60: il tubino. Oppure l’abito ad anfora, che riprendeva le forme curvilinee dei vasi greci, l’abito a palloncino o l’abito baby doll, per citarne solo alcuni.

A sx, abito da giorno a sacco in lana (1957-58);
a dx, abito da sera ad anfora (1960)

9.   Balenciaga ai raggi X
Le creazioni Balenciaga sono dei veri e propri “capolavori di stoffa”: perché, allora, non metterli totalmente a nudo e scoprirne tutti i segreti avvalendosi della tecnica radiografica? Ebbene sì, tra le stupefacenti trovate di questa mostra potrete vedere anche questo…

Abiti con relative versioni radiografiche

10.   Un caleidoscopio di forme e colori
Godetevi questo video, sintesi dei modelli Balenciaga più iconici




Se la visita virtuale a questa mostra vi ha appassionato, vi consiglio come di consueto un paio di letture sull’argomento: il libro Vogue on Cristóbal Balenciaga, di S. Irvine, edito da Quadrille Publishing Ltd nella collana Vogue on Designers, e il catalogo della mostra (entrambi in inglese).

Copertine del libro Vogue on Cristóbal Balenciaga
e del catalogo della mostra


Ricordate il desiderio che avete espresso all’inizio dell’articolo? Mettetevi comodi, la sfilata sta per iniziare…




Sara Radaelli





Foto scattate dall’autrice dell’articolo

Modest Fashion, Modest Italy

Attualmente sono un centinaio.
Cosa? Le settimane della moda nel mondo. Dedicate al prêt-à-porter, all’alta moda, alle sfilate ecologiche o a qualsiasi altro argomento possa suscitare interesse nel pubblico o negli addetti ai lavori. Tutti pazzi per le settimane della moda, verrebbe da dire. E, in effetti, ogni città ormai ne rivendica una, da Abu Dhabi a Zagabria. Solo in Italia se ne contano ben 16. Dal 2005 esiste anche la Torino Fashion Week (TFW) che, quest’anno, si è conclusa il 3 luglio scorso con un focus sulla Modest Fashion, la moda islamica rappresentata alla kermesse internazionale da ben 31 stilisti, per la maggior parte donne. Tra gli ospiti, l'Islamic Fashion and Design Council. La TFW ha proposto, inoltre, una mostra dedicata alla Modest Fashion e l’incontro dal titolo Dall’Islam all’Italia, la moda etica.

A sinistra: outfit Insaniyah (TFW 2017); a destra: outfit Chenille (TFW 2017)

Ma anche di Modest Fashion Week è pieno il mondo: da Londra a Istanbul, da Kuala Lumpur a Tokyo e Singapore. Un fenomeno, quello dell’abbigliamento di stile islamico, a cui avevo già accennato l’anno scorso sulla Moodboard in un articolo (qui) in cui parlavo, tra le altre tendenze del momento, dell’improvviso interesse delle grandi firme della moda (in primis Dolce e Gabbana) per questo tipo di realtà. Perché tornare a parlare dell’argomento? Semplicemente perché l’Italia è più che mai coinvolta dall’espansione di questo segmento di mercato, un coinvolgimento più che attivo!

Outfit Antonio Marras (AFW 2017)

Come ben sottolinea Pambianconews, “Con una stima di spesa di quasi 480 miliardi di dollari nel settore luxury fashion, la regione del Medio Oriente catalizza sempre di più l’interesse di addetti ai lavori provenienti da tutto il mondo”. E se Antonio Marras e Renato Balestra partecipano alla Arab Fashion Week di Dubai, per la Maison Gattinoni Couture, che da vent’anni serve la famiglia reale saudita, “Il Medio Oriente è uno dei pochi mercati ancora aperti agli abiti su misura”. Sdoganata anche all’ultima Fashion Week di Londra e uno dei comparti economici al centro del London Muslim Lifestyle Show, la Modest Fashion è un settore che nel mondo vale 300 miliardi di dollari ma che, secondo le stime, nel giro di 3 anni è destinato a superare i 400.

Outfit al London Muslim Lifestyle Show

Ma cosa si intende esattamente con Modest Fashion e che caratteristiche deve avere un capo per considerarsi tale? La Modest Fashion è l’abbigliamento islamicamente corretto che guarda alle tendenze occidentali. Una moda contemporanea e sincretica che ha acquisito visibilità grazie al fenomeno delle fashion blogger musulmane, le hijabistas, le islamiche smart e casual-chic che, come Wiwid Howat (e il suo blog The Girl Beneath The Headscarf), fanno tendenza ma senza scollature, trasparenze, aderenze, con maniche rigorosamente lunghe e caviglie e polsi ben coperti.

Outfit indossato da Wiwid Howat

Norme estremamente rigide. Ma che pare non frenino la creatività italiana. Nel nostro Paese, infatti, è nata la prima rivista sulla moda islamica, Fashion Gallery Modest, pubblicata da una casa editrice modenese. Il semestrale, che nelle parole della direttrice Lidia Casari “rappresenta oggi l'unica pubblicazione cartacea attualmente esistente in tutta Europa dedicata alla Modest Fashion", per ora si rivolge più agli addetti ai lavori della moda che ai clienti finali. E non è un caso che sia nato proprio a Modena. Qui, nel distretto di Carpi, sono circa 4000 le aziende tessili medio-piccole di lunga tradizione che hanno deciso di lanciarsi nella moda islamica, rivolgendosi soprattutto a una clientela estera. Il Made in Italy alla scoperta di un nuovo e fiorente mercato: anche la religione può essere business!

Copertina della rivista Fashion Gallery Modest

  
Sara Radaelli





Le foto dell’articolo sono tratte dai siti delle varie Fashion Week e dal blog di Wiwid Howat.

Gli artigiani di Hermès

Pazienza. È questa la prima parola che viene alla mente guardando lavorare un artigiano, qualsiasi artigiano. Anche quelli che contribuiscono alla riuscita di un marchio del lusso come Hermès. L’occasione di ammirare gli artigiani Hermès al lavoro è arrivata il mese scorso, quando a Milano è stato organizzato l’evento Hermès dietro le quinte. Presso la Pelota di v. Palermo, dall’11 al 17 maggio erano presenti 10 artigiani che lavorano nei laboratori francesi della maison. Obiettivo dell’evento: far conoscere le mani che si celano dietro oggetti culto come la borsa Kelly o l’orologio Dressage, le selle e i carré Hermès.

Locandina dell'evento Hermès dietro le quinte

Anche questa iniziativa rientra tra le attività di marketing delle aziende del lusso di cui abbiamo parlato a proposito delle Journées Particulières LVMH (leggi l’articolo su Fendi e Bulgari qui e quello su Loro Piana qui). In questo caso, però, non sono i visitatori a recarsi nelle fabbriche, ma è una mostra itinerante a raggiungere il pubblico, nelle principali città del mondo (è arrivata a Milano dopo aver fatto tappa a Parigi e Tokyo, presa d’assalto da 90.000 visitatori in totale). Inoltre, il marchio francese ha voluto mostrare anche i volti di coloro che realizzano manualmente, giorno dopo giorno, alcuni tra gli articoli più esclusivi al mondo, creando in tal modo un rapporto personale, di fiducia tra il brand e la clientela: gli artigiani parlano, descrivono, spiegano e interagiscono con il pubblico.

Scorcio dell'evento Hermès dietro le quinte

Di artigiani avevo già parlato in passato (vedi articolo sull’artista orafa Federica Pallaver qui) e tornerò sicuramente sull’argomento anche in futuro perché, oltre ad essere la mia passione, per chi si occupa di lusso è fondamentale conoscere ciò che sta dietro un oggetto: i materiali, le tecniche di produzione, gli attrezzi, l’abilità tecnica e l’estro artistico. E per noi italiani, dovrebbe essere un dovere dato che vantiamo tra i migliori artigiani al mondo. Tornando a Hermès, in occasione dell’evento sono stati allestiti 10 corner dove gli artigiani mostravano ai visitatori il lavoro necessario per la creazione di selle, articoli di pelletteria, gioielli, foulard, orologi, cravatte, ceramiche. Un percorso affascinante, che vorrei ripercorrere insieme…

Collage degli attrezzi utilizzati dagli artigiani Hermès

Un caleidoscopio di mestieri

Le sellier
Legato alle origini di Hermès, nato come produttore di selle e finimenti nel 1837, il mestiere del sellaio è forse il più rappresentativo del marchio (anche se forse il meno conosciuto dal grande pubblico), un mestiere che richiede anche forza fisica per garantire la massima affidabilità e comodità, creando e adattando la sella al cavaliere e alla morfologia del cavallo, assemblando le varie parti e cucendole a mano a punto sellaio (si impiegano 3 giorni, ovvero 25 ore, per realizzare una sella). L’atelier Hermès è costituito da 10 artigiani e si trova ancora in Faubourg Saint-Honoré, nel cuore di Parigi.

Atelier del sellaio e sellaio al lavoro

Le maroquinier
La pelletteria è uno dei settori più amati dalle clienti Hermès: le borse Kelly e Birkin sono ormai oggetti culto, battuti alle aste internazionali e degni di liste di attesa di mesi che le donne di tutto il mondo sono disposte ad accettare pur di possederne una. Il pellettiere trasforma i loro sogni in realtà, cucendo e assemblando i pezzi di una borsa e rifinendola con meticolosità. Una curiosità: la pelle di coccodrillo non può essere toccata con le dita (il sudore rischia di lasciare le impronte e creare macchie), quindi per lavorarla l’artigiano deve indossare dei guanti, che fanno però scivolare le mani. Un esercizio di equilibrismo…

Pellettiera al lavoro

Le sertisseur
L’incastonatore incassa le pietre preziose sul gioiello, dando vita a capolavori di inestimabile valore. All’evento, mostrava come si crea il pavé di oltre 2500 diamanti del bracciale Galop Hermès, per il quale sono necessari 30 giorni di lavoro.

Incastonatore al lavoro e schema preparatorio per l'incastonatura di un gioiello

Le graveur sur soie e l’imprimeur sur soie
L’incisore su seta ha l’arduo compito di scomporre a computer il disegno di ogni foulard in un numero di lastre equivalenti ai colori richiesti, indicando anche effetti materici, sfumati, contorni: un mestiere tutt’altro che semplice dato che i carré Hermès sono noti proprio per la moltitudine di colori (per un disegno di 30 colori, l’incisore impiega circa 1700 ore, un anno di lavoro). Nell’infografico si riassume la figura dell’artigiano moderno: il lavoro viene eseguito a mano con una penna digitale ma elaborato a computer. In collaborazione con l’incisore lavora lo stampatore su seta, che colora materialmente la stoffa in base ai quadri impostati dal collega, uno per colore, utilizzando la tecnica del “quadro alla lionese” (sviluppata a Lione negli anni ’30).

Infografica al lavoro e stampatore su seta al lavoro

La roulotteuse
È l’orlatrice specializzata negli orli frullati alla francese, l’artigiana che si occupa della finitura di tutti i carré Hermès in seta, cachemire, mussola… Per raggiungere la perfezione, il gesto preciso dell’orlatrice richiede almeno 12 mesi di apprendistato.

Orlatrice al lavoro

Le verrier
Per produrre i suoi capolavori, il vetraio lavora con colate di cristallo fuso. Non potendo dare in loco una dimostrazione pratica di questo mestiere, alla mostra era possibile visitare la cristalleria Saint-Louis (fondata nel 1586 e acquisita da Hermès nel 1989) con l’ausilio della realtà virtuale: un viaggio a 360° in compagnia dei maestri artigiani per scoprire le varie fasi di lavorazione.

L’horloger
L’orologiaio mostrava come si assembla un orologio, nello specifico un Dressage, montando le minuscole parti con gesti lenti ed estremamente minuziosi, immergendosi nell’universo dell’infinitamente piccolo con incredibile abilità. Come un direttore d’orchestra che scandisce le ore e dirige la danza del tempo.

Orologiaio al lavoro

Le confectionneur de cravates
Il confezionatore di cravatte assembla, piega e cuce a mano con un unico filo (non sono previsti nodi di giuntura) ogni singola cravatta Hermès: un lavoro eseguito a regola d’arte che, in un giorno, riesce a produrre una quarantina di pezzi.

Confezionatrice di cravatte al lavoro

Le peintre sur porcelaine
Il pittore su porcellana è il maestro artigiano che più si avvicina alla figura dell’artista. Per Hermès, rifinisce tutti i pezzi con un bordino in oro o platino e decora alcuni esemplari d’eccezione, tutti rigorosamente a mano, negli atelier vicino a Limoges, con una tecnica elaborata a Sèvres e risalente al XVIII secolo.

Pittrice su porcellana al lavoro e prove colore

A corollario di questo evento straordinario, in un’aula-cinema è stato proiettato il documentario Les mains d’Hermès, diretto da F. Laffont e I. Dupuy-Chavanat (Francia, 2011, 47’), in cui si narrano 10 storie di altrettanti artigiani Hermès, per mettere in evidenza che dietro le “mani sapienti” in grado di creare materialmente i sogni venduti dalla maison ci sono donne e uomini in carne e ossa, con le loro vite da raccontare.


Alla domanda se questo tipo di marketing ha un senso per un’azienda del lusso, rispondo con il link a un recente articolo di Pambianco sugli investimenti da 71 milioni di euro fatti da Hermès per lo sviluppo della produzione e della catena di fornitura, con l’inaugurazione di tre nuovi siti produttivi in Francia.


Concludo consigliandovi un libro molto interessante sulla maison francese: Hermès, l’avventura del lusso di F. Rocca, edito da Lindau. Imprescindibile per conoscere le origini, la storia, codici e icone del protagonista di questo articolo.

Copertina del libro Hermès, l'avventura del lusso


Sara Radaelli



Le foto dell’evento sono state scattate dall’autrice dell’articolo.

Profumo di… letteratura!

“Una fragranza è emozione liquida.” M. Edwards

Un’emozione che vorremmo rivivere centinaia di volte, sempre uguale ma sempre diversa. Un po’ come le emozioni che ci regalano i libri. Perché allora non parlare questo mese del profumo in letteratura? Per non farci trovare impreparati al grande momento di infilare in valigia il libro giusto in vista delle vacanze estive – e, perché no, del seminario Tradurre il profumo in programma a Trieste il 20 maggio (vedi sotto)…

Timeline dei libri di narrativa sui profumi

Ecco una linea del tempo dei libri che citerò, per riassumere visivamente tutti i titoli e le copertine in ordine cronologico, dato che io invece non utilizzerò questo criterio per presentarveli.

Quando si tratta questo argomento, il primo libro che viene alla mente è Il profumo di P. Süskind (Longanesi, trad. di G. Agabio), un romanzo imprescindibile per chi voglia avvicinarsi alla letteratura “profumata”. Ancora considerato (e a ragione!) IL libro sul profumo, rimane insuperato nella sua capacità di descrivere odori, sentori, miasmi, oltre che le superbe atmosfere e una storia che non lascia indifferenti. Qui il profumo è protagonista indiscusso.

Copertina del libro
Il profumo di P. Süskind

Bellissime descrizioni ma catapultate nella Parigi contemporanea e multietnica si trovano anche ne L’odore del mondo di J. Radhika (Neri Pozza, trad. di C. Braga), in cui il profumo fragrante delle baguette si “scontra” con l’aroma delle spezie e dei cibi indiani sotto il naso ipersensibile di Leela, la protagonista. Il profumo come simbolo dei rapporti (a volte difficili) tra culture.

Copertina del libro
L'odore del mondo di J. Radhika

Volando in Giappone scopriamo Profumo di ghiaccio di Y. Ogawa (Il Saggiatore, trad. di P. Scrolavezza), un racconto enigmatico fatto di misteri che si intrecciano ai ricordi, in cui una giornalista vuole scoprire le ragioni del suicidio del compagno. La freddezza che traspare nel titolo si rispecchierà anche nella scrittura?

Copertina del libro
Profumo di ghiaccio di Y. Ogawa

La nostra vita può reggersi sul filo della composizione chimica della nostra fragranza preferita? Quella del signor Eme, a quanto pare, sì. Il suo equilibrio e la sua identità ne saranno letteralmente sconvolti. Volete sapere come? Leggete Muschio di P. Kemp (Voland, trad. di D. D’Onofrio).

Copertina del libro
Muschio di P. Kemp

Una saga epica, un eroe, una bottiglia, un liquido misterioso che forse racchiude in sé l’essenza segreta dell'universo e una lotta contro il tempo: gli ingredienti ci sono proprio tutti per partire alla scoperta di Profumo di Jitterbug di T. Robbins (Baldini Castoldi Dalai, trad. di F. Franconeri).

Copertina del libro
Profumo di Jitterbug di T. Robbins

Atmosfere diverse ma sempre suggestive ne Il libro dei profumi perduti di M.J. Rose (Fabbri Editori, trad. di R. Zuppet), dove un antico testo e il leggendario profumo delle anime gemelle, che fornirebbe la prova della reincarnazione, ci trasportano in un’avventura fatta di intrighi e passioni in viaggio nel tempo e nello spazio.

Copertina del libro
Il libro dei profumi perduti di M.J. Rose

Sempre a proposito di viaggio, un piccolo volumetto in cui l’amore per l’altrove incontra l’arte è Noa Noa: Profumo di P. Gauguin (a cura di C. Morice, Mattioli 1885, trad. di F. Brea), il diario di viaggio di Paul Gauguin, ovvero l’isola di Tahiti vista con gli occhi – e il naso – di un grande pittore. “Da loro [le donne, N.d.A.] emanava un profumo che fondeva animale e vegetale, il profumo del loro sangue e quello del fiore di gardenia – tiaré – che tutte portavano tra i capelli. «Teme merahi noa noa (ora siamo profumate)», dicevano.”

Copertina del libro
Noa Noa: Profumo di P. Gauguin

Ultima tappa: l’Italia! Sono ben 4 i libri tricolori che parlano di profumi. Quello più “antico” è Profumo di L. Capuana (Morganti Editori), comparso in volume nel 1892 ma già apparso a puntate (com’era usuale all’epoca) sulla rivista Nuova Antologia tra luglio e dicembre 1880. Qui è il siciliano profumo di zagara a intromettersi nei rapporti tra i protagonisti, trasportandoci inevitabilmente con la memoria alla scena del ballo (e al vestito di Claudia Cardinale) del Gattopardo.

Copertina del libro
Profumo di L. Capuana

Con un salto di poco più di un secolo ci ritroviamo in compagnia di Italo Calvino e del suo Sotto il sole giaguaro (Mondadori), tre racconti dedicati a olfatto, gusto e udito (in origine la raccolta ne prevedeva cinque, uno per ogni senso, ma l’opera è rimasta incompiuta). Quello che ci interessa è intitolato Il nome, il naso, e si articola a sua volta in tre storie accomunate dal concetto di odore come strumento per scoprire l’identità (in questo caso femminile).

Copertina del libro
Sotto il sole giaguaro di I. Calvino

Molto più recenti, invece, le ultime due proposte: Il sentiero dei profumi di C. Caboni (Garzanti) e All’inizio era il profumo di A. Nove (Skira). Il primo romanzo, frutto di una scrittura al femminile fatta di sensibilità ed emozioni, parla di una creatrice di profumi e della sua difficoltà a fare pace col passato, di insicurezze e coraggio, e dell’amore che, eterna panacea, tutto guarisce e tutto risana. Il secondo narra, invece, la personale scoperta degli odori da parte dell’autore, un romanzo di “formazione olfattiva” (come lo descrive lo stesso editore) da cui partire per poi allargare il campo d’azione al mondo intero, con rievocazioni storiche sulle fragranze e aneddoti vari.

Copertine dei libri
Il sentiero dei profumi di C. Caboni (a sx)
e All'inizio era il profumo di A. Nove (a dx)

Questo breve excursus tra i titoli della letteratura più o meno legati all’universo dei profumi esclude, naturalmente, i numerosissimi testi specialistici sull’argomento, che troverete, invece, nella ricca bibliografia presentata al seminario Tradurre il profumo. Le parole dell’invisibileSe il mondo delle fragranze vi interessa per lavoro o per passione, non lasciatevi sfuggire questo evento insolito. La prossima edizione si terrà sabato 20 maggio a Trieste (informazioni qui). Vi aspetto!





Sara Radaelli


La foto della libreria è tratta da qui.